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IL CIBO DEGLI ANTICHI EGIZI

Postato in Primaria Verne

IL CIBO DEGLI ANTICHI EGIZI

 

L’alimentazione degli antichi Egizi, un po’ come accadeva per tutti gli aspetti della loro grande civiltà, ruotava intorno al Nilo e alle sue periodiche inondazioni: in estate, grazie alle grandi piogge equatoriali cadute nella zona del suo alto corso, il Nilo si gonfiava tanto che l’acqua traboccava dalle rive e inondava tutte le terre intorno deponendo sul terreno il limo, un fango molto ricco ; in autunno, quando le acque si ritiravano, il suolo riemergeva meravigliosamente fertilizzato e ricco anche di flora e fauna.

Dal Nilo dipendevano oltre l’ agricoltura anche  la caccia e la pesca.

Già nel Mesolitico (età della pietra di mezzo: esso indica un periodo di passaggio tra il Paleoliticoo l'età della pietra anticae il Neoliticoo l'età della pietra nuova)si sfruttavano specie di  cereali quali l'orzo selvatico, l'orzo utilizzato per la birra, il farro, il grano saraceno, il panico e il sorgo che portarono presto all'agricoltura Neolitica.

In Egitto si coltivavano anche vegetali come cipolle, aglio, porri, fagioli, lenticchie e lattuga; c'erano anche zucche, datteri e fichi, cetrioli e meloni, ma non agrumi .

 

L'alimentazione egizia era molto moderata: la maggior parte della popolazione mangiava pane, cipolla e pesce con contorni di insalate, piselli e lenticchie e come frutta: fichi, datteri e uva.
Pane e birra erano il cibo principale nella dieta egizia ed erano anche la paga con cui i faraoni compensavano gli operai, dato che il denaro non esisteva: i lavoratori salariati ne ricevevano ogni giorno una quantità sufficiente per tutta la famiglia.
Pare che ci fossero circa trenta o quaranta tipi di pane con diverse forme: triangolare, rotonda ovale ecc, e con vari ingredienti: orzo, farro, frumento ...
La scoperta della lievitazione condizionò il consumo del pane azzimo (non lievitato) che però non scomparve mai del tutto poiché negli antichi riti religiosi gli Egizi continuarono ad offrire agli dei focacce azzime e i sommi sacerdoti dovevano poi mangiare solo pane azzimo.

Il PANE egizio era bianco, raffinato e lievitato edera chiamato Hori.
Il pane bianco veniva mangiato dai nobili mentre il popolo si cibava di focacce fatte con farine miste di grano, spelta, crusca e legumi.
Nelle famiglie più ricche erano le serve che facevano il pane: frantumavano  nel mortaio i chicchi, separavano con il setaccio la parte nutritiva dei chicchi dall'involucro che lo racchiudeva, poi la macinavano tra due pietre. La farina cosi ottenuta veniva mescolata con l'acqua, condita con sale marino, impastata a lungo con i piedi e infine  veniva data forma al pane che cuoceva su pietre arroventate.
Il pane, veniva cotto anche in una buca scavata nel terreno e rivestita di pietra nella quale si accendeva un fuoco; quando la temperatura era abbastanza alta il fuoco veniva spento, la cenere tolta e al suo posto veniva messo il pane, la buca veniva chiusa con una grossa pietra così al suo interno il pane cuoceva lentamente:  ecco  il  forno.

Più tardi la cottura del pane miglioro’ ulteriormente: i primi forni in argilla erano a forma di cono e sulla parte esterna veniva appoggiato il pane che quando era cotto cadeva a terra; poi gli Egizi si inventarono un nuovo forno internamente diviso in due parti dove nella parte inferiore ardeva il fuoco e in quella superiore, cuocevano il pane.

 


Il pane veniva consumato al naturale o arricchito con grasso e uova, oppure addolcito con miele e frutta. Vi erano anche focacce, sulle quali si poteva spalmare il miele o una specie di marmellata di datteri.
Ma nel pane vi erano quasi sempre ingredienti sgraditi: sabbia, pietruzze e insetti.
La fine sabbia del deserto non si poteva evitare così si mescolava alla farina e causava un veloce  consumo dei denti.
Il pane che si preparava nel III millennio a.C. era molto simile a quello tradizionale, rotondo, che viene fatto ancora oggi dai contadini dell'Alto Egitto e che si chiama aysh sham o pane del sole.

 


 

Resti di pagnotte mummificate sono stati trovati in diverse tombe, come quella di Mentuhotep II a Deir el-Bahari.
 

IL PESCE
Naturalmente il pesce era abbondantissimo e tutti lo potevano mangiare, sia d'acqua dolce che salata: carpe, pesci fato, muggini, anguille.

 

Durante le piene non c'era bisogno di pescare poiché quando le acque si ritiravano, lasciavano sul terreno una grande quantità di pesci.
Negli altri momenti dell'anno il pesce, catturato con gli arpioni, era riservato ai più ricchi e naturalmente ai faraoni, a volte il pesce era presente anche presso le case più modeste, conservato in salamoia.
Un alimento di cui gli antichi Egizi erano particolarmente ghiotti era il batarekh, la bottarga di cefalo di palude, cioè le uova di pesce essiccate.

 

Ma il piatto tipico di faraoni e contadini era una zuppa con molte verdure e poca carne di pollo, anatra o agnello, aglio, cipolla, olio e pepe, a base di melokhia, una verdura simile agli spinaci, usata ancora oggi.

E’ bene tuttavia specificare che pesce e selvaggina, come anatre, aironi e uccelli di passo, apparivano principalmente sulle tavole imbandite dei faraoni e dei ricchi e praticamente mai su quelle dei poveri.

LE CARNI più apprezzate erano quelle di pecora, capra e maiale, mentre buoi e mucche venivano preferiti come animali da fatica, soprattutto per la lavorazione dei campi; capre e pecore fornivano ovviamente anche il latte, usato più per la produzione dei formaggi che come bevanda.
Esistevano grandi allevamenti di pollame e di bovini che fornivano carni di ogni genere.
Le fertili rive del Nilo fornivano molto foraggio per gli animali da allevamento.

IL MAIALE
In Egitto questo animale appare fin dalla Preistoria, era una specie selvatica facilmente addomesticabile e veniva allevato sia per essere consumato che per essere utilizzato in agricoltura per affondare il grano seminato nella fanghiglia.
I maiali, come in uso ovunque fino a pochi decenni fa, rappresentavano anche lo strumento per lo smaltimento dei rifiuti alimentari, un problema molto avvertito dalla popolazione del Nilo poiché, a causa del clima, i residui di cibo abbandonati o gettati nel fiume diventavano spesso il focolaio di infezioni che si abbattevano periodicamente sull'Egitto.
Appare raramente nelle raffigurazioni perché considerato dagli Egizi come impuro (come nel Giudaismo e nell'Islam).
Nei santuari e nei templi, era formalmente proibito "imitare la voce del maiale".

 

Dalla caccia nelle paludi venivano anatre, oche piccioni, quaglie e pellicani con le relative uova.
La selvaggina di palude, soprattutto anatre, uccelli di passo e aironi, veniva semplicemente arrostita o stufata.

La”pentola” più usata per questo tipo di cottura era ciò che oggi viene detto tajine, un orcio di terracotta dal collo stretto, che permetteva di cucinare il cibo a fuoco lento mantenendolo umido, poiché solo poco vapore veniva disperso.
In cucina c'erano pentole fatte di terraglia che venivano riscaldate con legno o carbone, padelle, piatti, ciotole e bicchieri di terracotta.
Nella gastronomia egizia raramente si cuocevano i cibi che si preferivano crudi sia per il clima, che non invitava di certo al consumo di pietanze calde, o peggio, bollenti, sia per la scarsità del legno, che era meglio usare con parsimonia; il focolare, situato di solito all’esterno delle abitazioni.

La conservazione del cibo era piuttosto limitata grazie ai due raccolti annuali che le piene del Nilo permettevano: la frutta veniva essiccata al sole, la carne era fatta stagionare in succo di limone; altri cibi venivano essiccati e messi sotto sale.

La tavola era riccamente apparecchiata: a tavola non usavano nè coltello (che però esisteva) nè forchetta (che era del tutto sconosciuta): si portavano il cibo alla bocca con le mani che venivano lavate in appositi catini pieni d'acqua.
Nelle case più ricche i servizi da tavola erano di materiale pregiato, come l'alabastro e i cibi venivano serviti da eleganti  ancelle e non mancavano la musica e affascinanti danzatrici.
Tuttavia i re e i cortigiani a volte avevano servizi da tavola anche d'oro o d'argento.

Gli Egizi consumavano tre pasti al giorno, la cena era quello principale.
La giornata iniziava con una prima colazione a base di fave, cotte lentamente e insaporite con aglio e limone, eraful medames il piatto nazionale egiziano.
Seguiva il pasto di mezzogiorno: pasticcio di carne e verdure con pane schiacciato (oggi detto "pane arabo" o pita) che fungeva anche da piatto, accompagnato da legumi freschi, soprattutto piselli, verdure crude come cipolle, aglio, cetrioli, sedano, radicchio e olive, e poi molta frutta.
Quest'ultima consisteva di solito in datteri, prugne, fichi, melograni, uva, mandorle e noci.
I genitori sedevano sulle sedie mentre i bambini stavano sui cuscini.
Alla fine della giornata di lavoro il banchetto della sera veniva servito in giardino, sotto una tenda: si mangiavano oche arrostite e carni stufate con salsine;  infine veniva servita la frutta.
Il pasto si consumava accomodati su stuoie e cuscini.
Nel Nuovo regno, i rappresentanti dei ceti elevati introdussero la moda di sedersi su sedie davanti a tavoli alti.

 

LE BEVANDE
Per accompagnare i pasti si beveva vino, birra e un liquore a base di succo di melograno.
La birra era la bevanda più diffusa mentre il vino era in gran parte importato.
L'uva cresciuta nel delta del Nilo o nelle oasi del deserto occidentale veniva raccolta per fare il vino o lasciata seccare e utilizzata come uva passa.
Poiche’ costoso, il vino si produceva soltanto per gli aristocratici e i più abbienti.
Il popolo non lo assaggiava mai; beveva birra e, a quanto risulta, ogni tanto si procurava anche solenni ubriacature che non erano considerate una cosa da punire.



LA BIRRA
Sulle stele funerarie, sulle pareti delle tombe, su quelle dei templi è possibile vedere il defunto seduto ad un tavolo su cui, fra le varie offerte, c'è sempre la birra.
Infatti, per le sue alte qualità nutritive e la bassa gradazione alcolica veniva considerata tanto come bevanda che come cibo.
La birra egizia veniva preparata dall'orzo o dal frumento ;macinata e impastata, la farina era trasformata in un impasto che veniva cotto solo in superficie.
Questa sorta di pane veniva poi lasciato a macerare in acqua, spesso insaporita con datteri o altra frutta, tanto allo scopo di zuccherarla un po', quanto per aromatizzarla.
Con questo procedimento si faceva fermentare tanto la pasta quanto il liquido, che veniva poi filtrato in appositi vasi.


Ne derivava un liquido spesso e denso, e nutriente che non era inferiore al vino né per gusto né per qualità.
Essa non poteva essere conservata a lungo e spesso s'inacidiva; tuttavia poteva essere trasportata in giare sigillate.

Gli Egizi attribuirono a Osiride, protettore dei morti, l’invenzione della birra ed essendo stretto il legame tra birra e immortalità, i più ricchi si facevano costruire delle birrerie in miniatura per le loro tombe.
Ai Faraoni erano dovuti come tasse dalle città, dai territori e dalle province, migliaia e migliaia di vasi di birra e, come per i Sumeri, il salario minimo era liquido (due anfore di birra al giorno).
Birra era sinonimo di vita e le sue virtù curative erano famose: il “papiro Ebers” ci offre 600 prescrizioni mediche per alleviare le sofferenze dell’umanità il cui ingrediente principale è la birra.

Le scuole superiori insegnavano la fabbricazione della birra prima della scrittura e della lettura.

La vendita della birra in cambio di oro e argento era proibita in quanto il venditore poteva solo esigere orzo in quantità uguale alla birra venduta, pena l’essere gettato nel fiume.

PIETRO (CL.IV)

 

L'alimentazione degli antichi Egizi

Gli antichi egiziani ritenevano che la vita continuasse dopo la morte e che l’anima avesse ancora bisogno di mangiare, di bere e di tutte le cose di cui godeva in vita; è grazie a questo importante concetto che noi siamo in grado di conoscere in modo abbastanza approfondito gli usi alimentari e le caratteristiche delle mense di questo antico popolo. Nei corredi funerari delle tombe egizie infatti non venivano deposti solo i beni personali del defunto, ma anche abbondanti cibi e bevande conservati in vari tipi di contenitori, che dovevano garantire al morto di che sopravvivere nell’aldilà; spesso questi cibi e contenitori sono arrivati intatti fino ai giorni nostri.

Nelle tombe egizie troviamo inoltre alcune serie di oggetti con una funzione essenzialmente magica, che dovevano fornire da mangiare e da bere per l’eternità all’anima del defunto, poiché i cibi nel corredo funerario potevano esaurirsi o deperire: si tratta delle stele funerarie, con la formula magica dell’offerta e la raffigurazione del pasto funerario da parte del defunto e dei parenti; delle statuette di servitori in atto di produrre alimenti di vario tipo; delle tavole d’offerta con le raffigurazioni dei vari cibi. Notizie sulla produzione alimentare dell’antico Egitto ci vengono infine dalle numerose scene di vita quotidiana scolpite o dipinte sulle pareti delle tombe, che con grande ricchezza di particolari avevano lo scopo di ricreare magicamente la vita terrena del defunto e soprattutto la produzione di cibi e bevande per la sua sopravvivenza.

Tramite dunque i reperti conservati nei corredi funerari e le scene presenti nelle tombe, si è potuto arrivare a conoscere sia i prodotti alimentari finiti, sia le caratteristiche della loro produzione e i procedimenti della loro conservazione e cottura.

Naturalmente i reperti dei corredi e le immagini delle tombe ci hanno tramandato le usanze alimentari di personaggi con buone possibilità economiche: l’abbondanza di disponibilità di cibo, che non tutti potevano permettersi, era ovviamente indice di ricchezza; anche nella statuaria egizia si può notare che l’adipe presente sul corpo di alcuni personaggi indica un alto livello sociale e grandi possibilità economiche. Ma l’antica saggezza egiziana non esitava ad ammonire contro gli stravizi e le esagerazioni della tavola! In alcuni papiri con “insegnamenti morali” si leggono infatti delle massime molto significative e anche molto attuali, come “Non ti abbuffare di cibo: chi lo fa avrà la vita abbreviata”, oppure “E’ gran lode dell’uomo saggio contenersi nel mangiare”, o infine “E’ meglio stentare dalla fame che morire d’indigestione”.

Il pane e la birra

Il panee la birraerano la base dell’alimentazione degli antichi egiziani e pertanto costituivano anche la base delle offerte funerarie per i defunti, come riporta la classica formula dell’offerta che compare sulle stele e su numerosi oggetti dei corredi delle tombe. A conferma dell’importanza di questi alimenti venivano deposti nelle tombe dei modelli di servitori, caratteristici dell’Antico Regno, che raffigurano donne in atto di macinare cereali o di preparare la birra per l’anima del defunto.

La coltivazione dei cereali era una delle attività più importanti del popolo egizio, fin dall’epoca predinastica; come è noto fu favorita dalle annuali inondazioni del fiume Nilo, che lasciando sul terreno grandi quantità di fertile limo permettevano di effettuare anche due raccolti all’anno. Proprio il livello raggiunto dalla piena del fiume indicava le potenzialità di raccolto e quindi su quello venivano anche calcolate le imposte che i contadini dovevano al faraone. Se la piena era scarsa il terreno coltivabile si riduceva provocando gravi carestie, di cui ci è stata tramandata notizia da diversi documenti; per questo motivo era importantissima una regolamentazione delle acque e una rete di irrigazione delle terre, che di solito era organizzata e curata da parte del potere centrale.

L’aratura e la semina avvenivano appena l’acqua del Nilo si era ritirata dopo l’inondazione; la mietitura era effettuata con falci di legno dal manico corto e con lama costituita fino al Medio Regno da selci seghettate; quindi le spighe venivano battute per separare i chicchi dalla paglia. Una volta puliti, i chicchi di cereali erano stivati dentro granai a forma di silos, sotto gli occhi attenti degli scribi che registravano accuratamente il numero dei sacchi versati nei granai. Poiché nell’antico Egitto non esisteva la moneta, ma solo il baratto, i cereali costituivano spesso lo stipendio mensile dei lavoratori: un esempio ci è dato dagli elenchi delle paghe degli operai che scavavano le tombe dei faraoni nella Valle dei Re, che ricevevano mensilmente quattro sacchi di farro e uno e mezzo di orzo, oltre ad altri beni come legna, pesce e sale.

I cereali coltivati nella valle del Nilo erano essenzialmente tre: il farro, un tipo di frumento (probabilmente triticum aestivum) e l’orzo. I chicchi venivano macinati dalle donne nelle case  e la farina ottenuta era utilizzata per fare pane di vario tipo; il lievito non era conosciuto e per lievitare la pasta di pane si usava l’avanzo della pasta del giorno precedente. La cottura avveniva in forni domestici, o anche su lastre di pietra arroventata; per particolari tipi di pane, per usi religiosi e soprattutto per l’offerta nei templi del pane bianco conico, venivano utilizzate delle forme di terracotta preriscaldate.

I pani d’orzo servivano soprattutto alla fabbricazione della birra. Prelevati dal forno prima della completa cottura, venivano imbevuti di liquore di datteri e lasciati a fermentare; quindi venivano pressati e filtrati attraverso un setaccio: la bevanda ottenuta consisteva in una birra non molto alcolica che veniva conservata in giare accuratamente tappate. L’aggiunta di altri ingredienti poteva variare il sapore e la gradazione della birra; altre bevande più o meno alcoliche venivano inoltre ricavate dalla fermentazione di diversi frutti o bacche.

Vino e olio

La coltivazione dell’uva, sia come frutto che per produrre il vino, è attestata in Egitto fin dall’Epoca Protodinastica, anche se come bevanda non ebbe mai la diffusione e l’importanza che ebbe invece la birra. Le scene che appaiono sulle pareti delle tombe ci mostrano che le vigne erano di solito a forma di pergolato e che la pigiatura dell’uva dopo il raccolto era eseguita con i piedi dentro grandi catini, proprio come si è fatto fino quasi ai giorni nostri. I residui della pigiatura poi venivano spremuti ulteriormente tramite presse: alle estremità del sacco erano infilati due bastoni che girando in senso contrario lo torcevano e lo strizzavano, lasciando uscire il liquido rimanente. Il succo ottenuto era versato in anfore e lasciato fermentare, quindi le anfore venivano tappate; sulla loro spalla era di solito applicata un’iscrizione con l’indicazione dell’annata e del luogo di produzione del vino. Dal Nuovo Regno in poi è attestata talvolta la presenza di un piccolo foro sul collo dell’anfora, probabilmente per permettere la fuoriuscita degli ultimi gas di fermentazione dopo la chiusura del contenitore.

Come per la birra, il vino poteva essere arricchito con alcuni ingredienti per variarne sapore e gradazione; sappiamo inoltre da documenti scritti che era particolarmente apprezzato il vino prodotto nel delta del Nilo e in alcune oasi.

La coltivazione dell’olivofu introdotta in Egitto dall’oriente solo nel Nuovo Regno, e anche dopo l’olio d’oliva non fu tra i più usati in cucina. Gli olii più utilizzati per condire e per friggere erano l’olio di sesamo, l’olio di lino e soprattutto l’olio baktratto dalla noce di moringa; alcuni papiri attestano che molti olii particolari venivano importati da paesi stranieri, non solo a fini alimentari, ma anche per uso medico e cosmetico. Altri condimenti per la cucina erano il sale e alcune erbe aromatiche, come il ginepro, l’anice, il coriandolo, il cumino, il prezzemolo e il finocchio; il pepe non era conosciuto e fu importato in Egitto solo in Epoca Romana.

Frutta e verdura

Orti e giardini erano molto diffusi nell’antico Egitto, anche di piccole dimensioni, sia presso le case dei contadini che nelle grandi ville dei ricchi dignitari. Nei frutteti venivano coltivati cocomeri, meloni, fichi, palme da dattero e, solo dopo essere stati importati nel Nuovo Regno, meli e melograni: come per l’olivo infatti, diversi prodotti arrivarono sulla tavole degli egiziani a seguito dei contatti commerciali, con i paesi del Mediterraneo orientale. Veniva raccolta e apprezzata anche la frutta selvatica, come le giuggiole, simili alle ciliegie, e le noci di palma dum. Negli orti abbondavano numerose varietà di verdure, tra cui cipolle, porri, aglio, sedano, cetrioli e soprattutto ceci, fave e lenticchie, che erano elemento quotidiano dell’alimentazione degli antichi egiziani; i piselli comparvero solo con il Nuovo Regno. Particolarmente coltivata era la lattuga, i cui cespi raggiungevano grandi dimensioni: forse per questo motivo la lattuga era sacra al dio Min, protettore della fecondità. Lessi o arrostiti erano gustati anche alcuni tipi di tuberi e rizomi.

La carne e il pesce

La caccia e la pesca furono tra le attività più praticate nell’antico Egitto fin dall’Epoca Preistorica e naturalmente hanno sempre fornito carne e pesce per l’alimentazione degli egiziani. In epoca storica la caccia, almeno per quanto riguarda gli animali di grossa taglia, rimase come attività di tipo sportivo da parte dei ricchi nobili, che spesso si dedicavano a cacciare nel deserto o lungo il Nilo lepri, leoni, gazzelle, ippopotami, e così via. Rimase invece sempre molto praticata la caccia agli uccelli, non solo come divertimento di personaggi facoltosi, ma soprattutto per riempire, insieme al pesce, le mense delle famiglie dei ceti più bassi: si tratta soprattutto di piccioni, anatre, oche, gru e vari tipi di uccelli acquatici. I volatili venivano catturati mediante una rete tesa su uno specchio d’acqua tra due pertiche: tirando da riva una corda, le pertiche si ribaltavano chiudendo la rete e tutti gli uccelli che vi si erano posati ignari. A riva i volatili venivano subito uccisi, spennati, ripuliti delle interiora e messi sotto sale dentro grosse giare, per essere conservate.

Le scene dipinte o in rilievo sulle pareti delle tombe, che dovevano ricreare la produzione di alimenti per la vita oltremondana del defunto, ci mostrano che alcuni tipi di uccelli venivano anche allevati: anatre, oche e gru appaiono rinchiuse in recinti con inservienti che introducono a forza nei becchi una specie di pastone cotto su bracieri, per far ingrassare i volatili; il modo più comune per cucinarli era di arrostirli sul fuoco infilzati sugli spiedi. Mentre le uova, anche di struzzo, erano presenti sulla mensa egizia, il pollo compare solo in Epoca Romana.

L’allevamento a scopo alimentare era praticato nell’antico Egitto soprattutto per i bovini, utilizzati anche per i lavori agricoli, e per ovini e caprini. Nelle macellerie venivano sgozzati buoi soprattutto di una particolare razza che forniva abbondante carne e grasso; il sangue veniva utilizzato per produrre una specie di sanguinaccio, mentre il fegato, molto apprezzato, poteva servire anche ad insaporire delle focacce; il grasso era usato per cucinare. Gli egiziani preferivano alla carne arrostita quella lessata, con la quale potevano essere preparati anche succulenti pasticci.

Altri animali allevati per l’alimentazione erano i conigli e i maiali, ma la carne di questi ultimi era esclusa dalle offerte funerarie e da quelle dedicate alle divinità nei templi; nell’Antico Regno è attestato anche l’allevamento di alcune specie selvatiche, come le iene e le gazzelle.

Anche la pesca è oggetto di numerose scene sulle pareti delle tombe: il pesce era il cibo più comune per chi non poteva permettersi quotidianamente la carne, anche se compare pure sulle tavole dei ricchi, ed era molto facile procurarselo, essendo il Nilo molto pescoso. Le tecniche di pesca erano diverse, ma la più usata era quella con la rete a strascico, che consisteva in una barca che attraversava il corso d’acqua trainando una rete e ritornava al punto di partenza richiudendola e imprigionando i vari pesci. La pesca con la lenza, con o senza canna, era ritenuta perlopiù un divertimento per i facoltosi dignitari, che la praticavano nei laghetti artificiali dei giardini delle loro ville.

 

Sulla riva, come per gli uccelli, i pesci venivano aperti, puliti dalle interiora, appesi a seccare e infine posti sotto sale dentro grandi giare per la conservazione; il pesce fresco era invece cucinato di solito arrosto o lessato. Dalle uova dei muggini era ricavata anche una specie di bottarga: le uova estratte durante la pulitura dei pesci venivano salate e quindi appallottolate e pressate. Oltre ai muggini, il Nilo era ricco di anguille, carpe, tilapia e pesci gatto; sulle tavole d’offerta funerarie però i pesci non compaiono mai; il vero motivo di questa esclusione è sconosciuto. Bisogna ricordare inoltre che nella religione egizia numerose divinità erano adorate sotto l’aspetto di animali, i quali pertanto non potevano essere oggetto di alimentazione nelle località sede del loro culto.

 

L'UVA E IL VINO

DEGLI

ANTICHI EGIZI

 

 

Il vino degli Egizi

Tutankhamon era abituato a  bere vino perché questa era la bevanda principale della classe nobile nell'antico Egitto. Come avviene anche oggi, il vino era considerato superiore alla birra e costava infatti cinque volte di più. Aveva una sua divinità, la dea Hathor, come dimostrano le liste delle offerte nei templi e nelle tombe.

 

Il vino nelle anfore di Tutankhamon

Le tombe sono ricche di rilievi e pitture che raffigurano le diverse fasi della produzione del vino nei minimi dettagli: la raccolta nei vigneti del delta e delle oasi, lo stivaggio dell'uva nei grandi tini di pietra, legno o argilla, la pigiatura con i piedi, ancor oggi il modo migliore per produrre vino più puro dato che i semi e i graspi non vengono mescolati con il succo d'uva. Le anfore venivano tappate meticolosamente: nella prima fase della fermentazione si copriva il loro collo con del fango, lasciando un piccolo foro per la fuoriuscita dei gas; si procedeva con l'immagazzinamento, lungo alcuni mesi, per la seconda fase della fermentazione.

 

La preparazione del vino

Dalla Quinta Dinastia (2500 a. C.) si trovano rappresentate con una certa frequenza delle scene di vendemmia. Da queste raffigurazioni si vede che il tipo di coltivazione predominante è quella a pergola, con armatura formata da pali forcuti, anche se non mancano viti a cespuglio. I grappoli vengono quasi sempre rappresentati di colore blu scuro o viola, il che fa pensare che le uve nere fossero più diffuse.

L'uva era vendemmiata in cesti, che poi venivano vuotati in larghe vasche , dove cinque o sei persone pigiavano, aggrappandosi ad un sostegno. Il sostegno dei pigiatori cambia nel tempo: nell'Antico Regno i pigiatori si sostenevano ad un palo, mentre nel Nuovo Regno una corda lo venne a sostituire.

Le vinaccevenivano torchiate per mezzo di torchi a secco. Le bucce venivano messe in un sacco, alle cui estremità erano infilati due pali: la rotazione dei pali, compiuta da diversi uomini, spremeva il succo in un bacino di raccolta. La fermentazioneavveniva in anforeaperte. Una volta terminata la fermentazione, il vino veniva posto in anfore che venivano chiuse e sigillate. Il processo di vinificazione richiedeva manodopera specializzata e specifici strumenti realizzati con materie prime di alta qualità (es. legno del Libano per i torchi).

 

Il processo di birrificazione era molto più semplice ed economico. Ecco quindi la birra bevanda popolare ed economica, e il vino, prodotto di lusso.

DANIELE E CARLOTTA